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sabato 27 febbraio 2021

qualcosa d'invisibile



LE NOSTRE MANI NELL’ACQUA di Y. Bonnefoy


Noi agitiamo quest’acqua. In essa le nostre mani si cercano,

Talvolta si sfiorano, forme spezzate.

Più in basso, è una corrente, è qualcosa d’invisibile,

Altri alberi, altre luci, altri sogni.


E guarda, sono anche altri colori.

La rifrazione trasfigura il rosso.

Era un giorno d’estate? No, è il temporale

Che “cambierà il cielo”, e fino a sera.


Noi immergevamo le mani nel linguaggio,

Vi afferrarono parole delle quali non sapemmo

Che fare, non essendo che i nostri desideri.


Noi invecchiammo. Quest’acqua, nostra trasparenza.

Altri sapranno cercare più nel profondo

Un nuovo cielo, una nuova terra

mercoledì 3 aprile 2019

dialogo silente 2

DI SCORIE COLMA

sfugge via dall’ora albina
la sera – come una corva 
altera – che ora s’innalza e
repente in albore sfarina
all’ombra distante le porte:
che di scorie colma ritorna
d’alcove onde di levante

dove un sole arcano risale
da memorie di mirto inane.

G. Nigretti da Derive di scorie 2016


AMAREFERITA di Marta Celio

e dall’alto del meriggiare scende
– profondo a-mare – e lieve sussurra 
all’ore* che chiede “mirto inane”. Riempire 
memorie orecchie sopraffine. Indugia
sosta-sposta onde  e primizie in carta-paglia
lontano da “sole arcano”
e vicino-stretto amaro amare mare

e ancora una volta sboccia vita
là dove esule-isola amara-amareferita

*ore: orecchio

martedì 11 luglio 2017

dal mare


LE GRANDI NOTTI D'ESTATE di A. Gatto

Le grandi notti d’estate
che nulla muove oltre il chiaro
filtro dei baci, il tuo volto
un sogno nelle mie mani.

Lontana come i tuoi occhi
tu sei venuta dal mare,
dal vento che pare l’anima.

E baci perdutamente
sino a che l’arida bocca
come la notte è dischiusa,
portata via dal suo soffio.

Tu vivi allora, tu vivi,
il sogno ch’esisti è vero.
Da quanto t’ho cercata.

Ti stringo per dirti che i sogni
son belli come il tuo volto,
lontani come i tuoi occhi.

E il bacio che cerco è l’anima.

giovedì 23 marzo 2017

assetato

PASSEGGIATA di Richard Berengarten

... ora che cade la sera ...

Re sole, di gote roseo, conio sovrano del giorno,
mi tocchi, e la mia pelle tramuta in cornea,
il mio dorso in nervo ottico, il mio corpo trema
metà abbagliato dalla pozza d’oro che riversi
su questo mare e in questa città, e sono accecato.
Qui un tempo s’ergevano – e so che ancora s’ergono –
filari di case e strade di un’altra città,
non questa che hai totalmente trasformato.

Camminiamo lungo il molo. La notte
barche di pescatori si accingono a partire
motori sbuffanti, luci di paraffina nelle prue,
e tutta la città è fuori per la passeggiata,
amanti abbracciati, e ragazzi spavaldi,
madri e padri, bambini che mangiano il gelato,
anziani che guardano dai tavolini dei caffè sui marciapiedi,
e oscuranti colline che si muovono strette, come armenti.

Dolce bagliore della sera, spiegata su colline e baia,
ora il tuo braccio sfiora il mio, come incidentalmente
il tocco di questa giovane donna che mi cammina a lato
coi fianchi pesanti, i passi piccoli e le movenze sinuose
i capelli corvini ravvolti e il suo sorriso bruno oliva.
Ti bevo, luce scintillante, come vino, come musica,
come i suoi avi ti bevvero per millenni.

Città porosa, il nome della donna è Elefterìa,
e sebbene le tue cicatrici siano chiazze grigie nei suoi occhi,
in quest’ora in cui la luce e le sue inflessioni
giocano sottilmente sul suo viso come voci e canti,

suo è l’antico diritto di calpestare questo molo
come strumento e guardiano della tua luce
raccogliendolo nelle coppe delle sue pupille,
e sua è la preziosa libertà di guidarti, come fa una ballerina.

Amata sera, luce antica di millenni,
voce limpida di cantante, amabile come questa donna,
come non posso adorare la grazia che imprimi
su questa città e questa gente, un calco
che modella tutto ciò che tocca, il mondo intero?

Se non tuo cittadino, son diventato tuo schiavo.
E assetato dal berti tutta, riempirei
ogni poro col tuo splendore, sua libertà.