mercoledì 27 giugno 2012

fatto gabbiano


PESCATORE D’INGANNI

Di notte, seggo scogliere
dove i sogni s’infrangono
di ami spargo il pelago specchio
– raggi e ruggine insacco.

Dalle onde emergono stelle
e lenze donzelle slamano miraggi
di orizzonti – a piombo mi lancio
nel sogno veleggio – fatto gabbiano
nel vento di sirena m’innalza un canto
soave su vertigini m’invola – le ali
in ferale naufragio d’uragano.

G. Nigretti da Derive amate

sabato 23 giugno 2012

I poeti


'I poeti sono la coscienza repressa della società contemporanea,
e a loro è riservata la morte sociale che spetta ai diversi'

I decaduti ripercorre, e rappresenta in versi, quest’epoca nichilista e autodistruttiva. È un libro che cerca nella descrizione senza infingimenti del reale - di una società in declino e senza redenzione - una religiosità disperata, un senso che custodisca il vivere e la vita insieme. E in una civiltà senza sentimenti, il poeta urla la sua presenza.
Ed è la poesia, la risposta che esorta ad accettare la sfida del nuovo giorno, in un sacerdozio che esprime un unico pensiero: l’arte come unica fonte ed unica finalità. Ed è forse proprio per questo che Dio dà i maggiori castighi agli artisti, poiché sono quelli che più lo tentano nelle sue verità. Il metro stilistico, nell’utilizzo della scritta parola, si concentra esclusivamente su vocabili di uso comune, che inseriti nella struttura poesia perdono il significato originario per acquisirne dei nuovi, cercando di indagare le molteplici occasioni che ogni idioma mette a disposizione.
La parola, in poesia, diventa dunque una continua ricerca del polisenso, nel proposito di slegare il linguaggio omologato e conformista che la tv impone, e cercando di tendere all’estremo l’arco espressivo di ogni singola, conosciuta, parola. Anche l’utilizzo dello spazio fisico della pagina bianca non è casuale: le pagine sono quadri, e le parole colori.
Quello che mi premeva nella creazione poetica, nella catarsi che porta a concepire il verso, è la tensione emotiva, di parole levigate come coltelli. Sentire che la pagina vibra alla lettura dei versi. La speranza era di svelare con ogni singolo componimento un tassello dal mosaico delle verità; al termine di questa esperienza esistenziale e artistica che ha generato I Decaduti, mi sono accorto che ogni poesia non fa altro che aggiungere una nuova tessera a quel mosaico; in un rimando continuo dove si incrociano le varie sensibilità artistiche, e dove ciascuno di noi trova la propria univoca traiettoria vitale ed espressiva, pur attraversando inevitabilmente altri percorsi che incrociano il nostro divenire.
Ed è questo il senso profondo del nostro discorrere, essere unici e composti simultaneamente da tutto quello che ci ha preceduto. Siffatta intuizione manca alla società contemporanea, scissa da se stessa, impegnata solo a produrre, per poi consumare, in una nevrotica coazione a ripetere. La raccolta raffigura le sfaccettature di questa drammatica limitazione che vive l’uomo odierno, che impone un individuo svuotato e senza memoria, senza tradizione, per omologarlo e considerarlo unicamente come potenziale acquirente di merci.
Quelle merci che non sono più un mezzo, ma un fine; perfino aggettivi da aggiungere al proprio Io. Ne I Decaduti, il poeta, coscienza repressa della società moderna, di fronte a questa prospettiva, dimostra un diniego emozionale, poiché percepita come antisociale e disumana.

Denudati perché
vagano
su decomposti mosaici.

Giorni,
si rincorrono,
nell’immoto divenire
di un uguale sguardo.

Ingabbiato,
nello zoo della città,
mi reincarno
ad ogni morte,

Esangue.

(Giuseppe Aletti)

venerdì 22 giugno 2012

presto scomparirà


AL CREPUSCOLO di Pär Lagerkvist

È al crepuscolo che ci si isola,
alla caduta del sole.


È allora che si abbandona tutto.
Il pensiero si chiude nella sua tenda di ragnatela
e il cuore dimentica i motivi della sua angoscia.
Il viandante del deserto abbandona il suo campo,
che presto scomparirà sotto la sabbia,
e prosegue il suo viaggio nella quiete della notte,
guidato da enigmatiche stelle.

domenica 17 giugno 2012

17 giugno

17 GIUGNO

Neri rondoni squassavano
le bianche terrazze in giro
giocando, il chiaro vespro
su l’odorosa Chjazze du Pèsce

i pescivendoli a voci rotte
pescavano, gli ultimi omini
smenando belle sode sardelle
e le ultime audaci seppie novelle.

In punta di piedi sorrisi, di fiato
sul limpido vetro disegnandoli
aspettavo, il tuo sempre buono
da le ombre in piazza di ritorno

sempre atteso, da quelli che avevi
oggi venduto per felini e pecorini.
Eri il pane antico su la bianca terrazza
de le serene serrate notti colore lontananza.

In nero rondone muto mutò
e agile in giro girava su le raggiate ali corvine
e per viuzze e palazzi portavi bolli e serti
di cozze nere pescate a corta lama aperte

e crude mangiate nel nostro ultimo incontro
primo nei tuoi occhi buoni di bianca morte umidi
e in questo stretto addio padre filiale m’affacciavo
e liberi volavano gialli canarini canterini da la terrazza

oggi di nero asfaltata a opachi specchi spenti
m’addormo, fra le ombre vuote di vino o di mute
passanti sotto e sotto crolli le terrazze sono crollate
disfatte da sigillate inferriate di blu asfalto ghiacciate.

(Polvere calda sfuma
il lontano corpo gravido
e dipinge i suoi lisci occhi neri
e veri e mai indiani e padani.

Oggi la rimpiango
dentro il fango già rappreso ieri
con le ultime bianche perle vere
accolte fra le sue socchiuse mani.)

E il nero rondone andò e alto veleggia ancora
e iniziò l’inferriata salda a fiorire di secchi serti

e venne Pandora con Caino e tutta gramigna seminò
e venne Brillina con pacchi e velli e donò un regalino
e venne Riccina con stille e stalle e lanciò un sassino
e venne Biondina con tacchi e spille e volle il librettino
e venne Leonina con tonno e mozzarelle e lasciò un pelettino


e giunse Giugno con le secche piogge e indietro impermeabili porta
e indosso commosso il sommo vuoto di questo ultimo annoso giorno.

G. Nigretti da Derive eretiche

mercoledì 6 giugno 2012

TRANI





È DOMENICA


e s’affolla di genti e d’ombre
la Villa – bell’anima antica
verde a giochi a illusi amori
fra le falciate aiuole – una poesia
di palme e lecci e pini e tamerici
(si apre un volo di nostalgia?)

in dedalo angolo al cuore
una luce di viali e fontanelle
spingono famiglie e amorini
e giovani mogli coi carrozzini
e vecchi stanchi sui pesanti anni
e tutti: a gesti a gridi di voci e cicale

vanno a le pensili ringhiere di sale
a vedere l’aroma verde del mare.
(è un rimpianto quel che m’assale?)
E s’alza d’esilio una nebbia accanto
a l’anima mia non affonda radici
in quel che sono vago straniero.

G. Nigretti da Derive straniere